lunedì 26 gennaio 2009

CONFLITTO ISRAELE-PALESTINA: DOMANDE E RISPOSTE


Durante questi ultimi giorni abbiamo assistito ad un nuovo e indicibile assedio da parte di Israele nei confronti della popolazione palestinese residente nella striscia di Gaza. Il comportamento, però, della totalità dei mezzi di informazione è stato tutt’altro che limpido e imparziale (come sempre del resto). Per questo motivo crediamo sia necessario rispondere ad alcune domande utili a formarsi un opinione meno soggetta alla propaganda sionista.

Dov’è e cos’è Gaza?

Col termine Striscia di Gaza si indica un territorio palestinese confinante con Israele e Egitto nei pressi della città di Gaza; questo territorio non è riconosciuto internazionalmente come parte di qualsiasi paese sovrano. E’ sostenuta da parte della Autorità nazionale palestinese anche se attualmente dopo le elezioni politiche del 2006 e la cosiddetta battaglia di Gaza tra al-Fath e Hamas il controllo è passato a quest’ultima fazione.

Come si è generata la questione palestinese?

Dopo la prima guerra mondiale, Gaza è diventata parte del Mandato britannico della Palestina sotto l’autorità della Società delle Nazioni. Il dominio britannico sulla Palestina si è concluso nel 1948 con il ritiro inglese in data 14 maggio; secondo accordi stabiliti dalle Nazioni Unite quest’area sarebbe dovuta diventare uno stato arabo ma tutto ciò non è mai avvenuto. Dopo la fine del mandato dell’Inghilterra (che comunque portò la palestina in una situazione economica, sociale e amministrativa assai difficile) e la guerra civile palestinese nel 1948 Israele ha dichiarato la sua indipendenza ed è così sorto lo stato di Israele.

Quando e com’è nato lo Stato di Israele?

Nel 1947 nell’Assemblea delle Nazioni Unite dopo mesi di lavoro da parte dell’UNSCOP (United Nations Special Committee on Palestine), il 29 novembre approvò la Risoluzione dell’Assemblea Generale n. 181, che prevedeva la creazione di uno stato ebraico e di uno stato arabo in Palestina, con la città e la zona di Gerusalemme sotto l’amministrazione diretta dell’ONU. Nella sua relazione l’UNSCOP si pose il problema di come accontentare sia la fazione araba che quella ebrea e nel decidere su come spartire il territorio considerò la necessità di radunare tutte le zone dove i coloni ebrei erano presenti in numero significativo (seppur spesso in minoranza) nel futuro territorio ebraico. La Gran Bretagna annunciò che avrebbe terminato il proprio mandato il 15 maggio 1948 poiché in disaccordo. Le reazioni alla risoluzione dell’ONU furono diversificate: la maggior parte degli ebrei, rappresentati ufficialmente dall’Agenzia Ebraica, l’accettarono, pur lamentando la non continuità territoriale tra le varie aree assegnate allo stato ebraico. Gruppi più estremisti, come l’Irgun e la Banda Stern, la rifiutarono, essendo contrari alla presenza di uno stato arabo in quella che consideravano “la Grande Israele” nonché al controllo internazionale di Gerusalemme.

Tra la popolazione araba la proposta fu rifiutata, con diverse motivazioni: alcuni negavano totalmente la possibilità della creazione di uno stato ebraico; altri criticavano la spartizione del territorio che ritenevano avrebbe chiuso i territori assegnati alla popolazione araba; altri ancora erano contrari perché agli ebrei, che allora costituivano una minoranza (un terzo della popolazione totale che possedeva solo il 7% del territorio), fosse assegnata la maggioranza (56%, ma con molte zone desertiche).

Tra il dicembre del 1947 e la prima metà di maggio del 1948 vi furono cruente azioni di guerra civile da ambo le parti. Il piano Dalet (o “Piano D”) dell’Haganah, messo a punto tra l’autunno del 1947 e i primi mesi del 1948, aveva come scopo la difesa e il controllo del neonato stato israeliano e degli insediamenti ebraici a rischio posti al di là del confine di questo. Il piano, seppur ufficialmente solo difensivo, prevedeva comunque, tra le altre cose, la possibilità di occupare “basi nemiche” poste oltre il confine (per evitare che venissero impiegate per organizzare infiltrazioni all’interno del territorio) e prevedeva la distruzione dei villaggi palestinesi espellendone gli abitanti oltre confine, ove la popolazione fosse stata “difficile da controllare“, situazione che ha portato diversi storici a considerare il piano stesso indirettamente responsabile di massacri e azioni violente contro la popolazione palestinese una specie di tentativo di pulizia etnica. Uno storico israeliano, Ilan Pappe, che insegna alla British University di Exeter parla così di tutto ciò:

“…………Tra febbraio e dicembre del 1948 l’esercito israeliano ha occupato sistematicamente i villaggi e le città palestinesi, facendo fuggire con la forza la popolazione e nella maggior parte dei ca-si anche distruggendo le case, devastando le pro-prietà e portando via loro averi e i loro ricordi. Una vera e propria pulizia etnica. La comunità internazionale era al corrente di questa pulizia etnica, ma decise, soprattutto in occidente, di non scontrarsi con la comunità ebraica in Palestina dopo l’olocausto……. Le operazioni di pulizia etnica non consistono solo nell’annientare una popolazione e cacciarla dalla terra. Perché la pulizia etnica sia efficace è necessario cancellare quel popolo dalla storia, dalla memoria. Gli Israeliani sono molto bravi a fare ciò e lo realizzano in due modi. Sulle rovine dei villaggi palestinesi costruiscono insediamenti per i coloni chiamandoli con nomi che richiamano quello precedente. Un monito ai palestinesi: ora il territorio è nelle nostre mani e non c’è possibilità di far tornare indietro l’orologio. Oppure costruiscono spazi ricreativi che sono l’opposto della commemorazione: vivere la vita, goderla nel divertimento e nel piacere.
E’ un strumento formidabile per un atto di “memoricidio”……..”

Grande impatto emotivo sull’opinione pubblica ebbe il massacro di Deir Yassin, avvenuto il 9 aprile ad opera di membri dell’Irgun e della Banda Stern ed all’insaputa dell’Haganah.

Il 14 maggio del 1948 venne dichiarata unilateralmente la nascita dello Stato di Israele, un giorno prima che l’ONU stessa, come previsto, ne sancisse la creazione.

Come si è sviluppata la vita palestinese negli anni seguenti?

Ogni anno il popolo palestinese commemora l’Al-Nakba, la catastrofe. Al Nakba è l’appellativo che i Palestinesi danno al 15 maggio 1948, data in cui lo stato d’Israele si è impossessato delle terre, delle case e delle vite del popolo palestinese; questo è il giorno in cui i palestinesi sono divenuti profughi. La maggior parte sono stati cacciati e chi ha fatto resistenza è stato ucciso (circa 530 i villaggi sgomberati). Finora Israele ha impedito il ritorno di circa 6 milioni di profughi alle loro terre e ancora oggi cerca di espellerli con operazioni definite trasferimenti.

Un altro ingente esodo forzato di circa 350mila palestinesi é avvenuto nel 1967, dopo la cosiddetta guerra dei 6 giorni; una guerra “preventiva” voluta da Israele atta a combattere la situazione politica che si stava delineando nel territorio come per esempio la rinascita politica palestinese con la creazione dell’OLP nel 1964. La conseguenza del conflitto è il ritorno del controllo del territorio ad Israele che lo strappa all’Egitto che lo aveva avuto fino ad allora grazie alla firma di un armistizio nel 1949 . L’occupazione militare durerà fino al 1994 (accordi di Oslo) anche se lo stato ebraico manterrà comunque il controllo dello spazio aereo, le acque territoriali, l’accesso off-shore marittimo, l’anagrafe della popolazione, l’ingresso degli stranieri, le importazioni e le esportazioni, nonché il sistema fiscale.

Che cos’è l’Autorità Nazionale Palestinese?

Nel maggio 1994, a seguito degli accordi israelo-palestinesi, un graduale trasferimento di autorità governative per i palestinesi ha avuto luogo. L’Autorità palestinese, guidata da Yasser Arafat, ha scelto la città di Gaza come la sua prima sede provinciale mentre nel settembre 1995, Israele e l’OLP firmarono un secondo accordo di pace che estende l’amministrazione dell’Autorità palestinese alla maggior parte delle città della Cisgiordania.

Cos’ha portato, concretamente, alla attuale situazione a Gaza?

Il 14 agosto 2005 il governo israeliano ha disposto l’evacuazione della popolazione israeliana dalla “Striscia” e lo smantellamento delle colonie che vi erano state costruite (piano di disimpegno unilaterale israeliano). Intanto dopo 2 anni di controllo da parte del gruppo al-Fath vennero indette nuove elezioni vinte dal partito islamico Hamas considerato dall’Europa e dagli USA un gruppo terrorista fondamentalista per le sue azioni armate e il rifiuto di riconoscere la legittimità dello stato di Israele. Inizia contestualmente così una nuova fase del conflitto israelo-palestinese con il lancio di missili Qassam verso il territorio israeliano e assassinii mirati, operazioni militari e un embargo verso la striscia che dura tuttora.

Il 1º marzo 2008, l’esercito dello Stato di Israele con l’operazione Inverno caldo invase direttamente l’area con forze blindate ed aeree.Nell’ambito di una tregua di sei mesi, mediata nel giugno 2008 dall’Egitto, Hamas accettò di porre fine al lancio dei razzi in cambio di un alleggerimento del blocco da parte di Israele. Il cessate-il-fuoco, però, non fu completamente osservato: si sono contati 49 palestinesi uccisi nel periodo di tregua. Inoltre Israele non ha rispettato la parte centrale dell’accordo, che prevedeva l’alleggerimento del blocco: invece dei 450 camion di aiuti giornalieri previsti, al massimo a una settantina era concesso attraversare i confini di Gaza, aggravando le condizioni di vita di una popolazione che sopravvive in gran parte grazie ad aiuti umanitari.

Ancora, Israele il 4 novembre 2008 con un attacco dentro il territorio di Gaza che uccise 6 guerriglieri di Hamas violò nuovamente la tregua. Questo atto è stato una sorta di “goccia che fa traboccare il vaso” per Hamas che tramite un suo portavoce ha lasciato intendere che non avrebbe rinnovato la tregua senza un alleggerimento dell’assedio e così è iniziato il lancio dei razzi Qassam. Dichiarando di voler ripristinare la sicurezza di zone dello stato di Israele, minacciate da Hamas, il 27 dicembre 2008 i vertici politici israeliani hanno lanciato l’operazione Piombo fuso contro la Striscia, con bombardamenti aerei su vasta scala. Nonostante la dichiarata intenzione di colpire postazioni di lancio, sedi governative ed altri obiettivi militari, il numero di vittime fra i civili palestinesi è stato spaventoso: si contano circa 1310 palestinesi morti di cui 410 bambini contro i circa 15 (3 civili) israeliani senza parlare delle migliaia di feriti e di edifici andati distrutti(ndr non tutti militari sembrerebbe a questo punto anche perché se così fosse Gaza sarebbe un’unica città fortezza….). La notte del 3 gennaio 2009 è iniziata l’invasione di terra da parte dell’esercito israeliano; la notte del 12 gennaio 2009, invece, per la prima volta nella storia della Striscia, le truppe israeliane penetrano nella città di Gaza, invadendo la periferia. In questi giorni fortunatamente l’esercito ha cominciato la ritirata delle truppe (che da fonti non ufficiali sembra debba finire prima dell’insediamento di Obama alla Casa Bianca) mentre Hamas ha cessato il lancio di missili sul territorio israeliano.

Perchè Israele persegue questa strategia?

Ora ci si interroga su quale fosse il vero obiettivo di Israele poiché dopo più di 20 giorni di massacro Hamas (che conta 25000 iscritti) risulta non essere stata per niente indebolita e anzi con l’appoggio del mondo arabo ( Iran per il riarmamento e Arabia Saudita con fondi per la ricostruzione) potrebbe diventare ancora più pericolosa.

Guido Rampoldi (inviato Repubblica) suggerisce un’ipotesi:

In realtà il vero obiettivo potrebbe essere quello di scaricare Gaza e i palestinesi all’Egitto come lasciato intendere da un articolo di John Bolton, ex ambasciatore USA all’ONU e fedele al progetto di fortificare Israele: secondo la sua proposta Gaza passerebbe sotto il controllo dell’Egitto che ne assumerebbe il ruolo di potenza occupante con tutti gli oneri fiscali e le responsabilità che ne derivano. Per avallare questa teoria c’è anche il fatto che Israele in autunno rifiutò di trasferire moneta alle banche di Gaza e suggerì ai palestinesi di iniziare ad utilizzare le rupie, la moneta egiziana. Il conflitto quindi potrebbe essere visto come la continuazione di questo progetto come sembrano esplicitare il bombardamento del maggior deposito alimentare delle Nazioni Unite, del maggior deposito di medicinali a Rafah(nel sud) e dei tunnel verso l’Egitto da cui sì Hamas importava armi leggere col contrabbando ma che permettevano anche alla popolazione di sfamarsi dopo che il governo Olmert ha chiuso il confine. L’idea quindi è di fare in modo di rendere internazionale la striscia per quanto riguarda la ricostruzione e gli aiuti umanitari e poi liberarsene. Il piano però sembra molto difficile da realizzare e forse potrebbe rivelarsi controproducente poiché ha ricostituito una forte unità tra le varie fazioni palestinesi a spese di quelle più aperte al dialogo.

Il processo di pace nella Striscia di Gaza pare non essere mai stato così lontano….

Alessandro Poli

da CSU Reggio Emilia

2 commenti:

Anonimo ha detto...

a parte l'incipit e la parte finale, è veramente un copia e incolla di pollo.. Però fa luce sulla situazione e sulle cause di perchè si è arrivati a questo punto

Anonimo ha detto...

^^ grande pollo!